Lo so perché sono ossessionata dagli outfit da lavoro. All’Università ricevevo rinforzi positivi dalla mia relatrice solo quando, a suo dire, mi vestivo in maniera adeguata al contesto. Al mio primo colloquio di lavoro ho subito notato la differenza tra noi assistenti sociali in attesa, definirei “centro sociale alla moda”, e le psicologhe, “formalità fatta a persona”. Non ci eravamo ovviamente messe d’accordo, ma le somiglianze, come le differenze, mi avevano fatto sorridere. L’intenzione non è banalizzare o parlare per stereotipi, ma l’immagine di cosa scelgo di indossare per andare a lavoro, o a un concorso, dice molto di come intendiamo il nostro lavoro e di come noi viviamo la nostra professione. Vi faccio un esempio.
Durante uno dei miei tanti viaggi in treno, siamo in orario mattutino su una Freccia… vedo attorno a me tante persone che definirei in assetto “business”: camicia, costantemente al telefono, appuntando cose contemporaneamente su pc e tablet. Gruppi di lavoro seduti vicini, ma dove ciascuno pensa al suo monitor. C’è stato un tempo in cui ho sperimentato quella dimensione e la ritenevo un obiettivo raggiunto. Sentirsi e vedersi importanti, perché impegnati, presi, di fretta, con la responsabilità di risolvere e produrre.
Ho scelto per me un’altra veste, fatta di abiti comodi seppur formali, colorati, anche se spesso è l’umore a guidarmi nella scelta, con qualche accessorio che parli di me, ma senza esagerare. Questo non perchè mi ritenga migliore o perchè penso che scegliere una maglia al posto di una camicia renda migliore il mio intervento, ma perchè mi sono costruita il mio percorso professionale partendo dal chiedermi: come mi mostro agli altri? perchè gli altri dovrebbero lavorare con me? cosa offro io a differenza degli altri? quali valori mi guidano?
Queste sono alcune delle domande che propongo anche a coloro che scelgono di essere accompagnati in un percorso di orientamento professionale. Non una consulenza di stile, ma uno spazio di riflessione sul senso del proprio lavoro. Un differenziarsi dagli altri per valorizzare il proprio contributo e specificità.
Queste riflessioni sono efficaci chiavi di lettura quando in supervisione individuale affrontiamo lo smarrimento di un collega nel non rivedersi più nella scelta fatta, quando non ricorda più perchè svolge questo lavoro e cosa lo motiva oggi a farlo.
Scegliere quale professionista essere è possibile, quanto scegliere come vestirsi la mattina. Non è forse semplice allo stesso modo, ma l’invito è a sperimentarsi!